Produrre petrolio nella natura selvaggia

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Le aziende statunitensi spingono per poter iniziare le trivellazioni petrolifere nell’Artic National Wildlife Refuge

In seguito alla mossa del Congresso degli Stati Uniti per l’apertura dell’Arctic National Wildlife Refuge in Alaska alla produzione di petrolio e gas – un obiettivo che era stato a lungo ricercato del Partito Repubblicano – le compagnie di combustibili fossili si sono subito messe in moto e hanno iniziato a portare avanti i loro piani di sviluppo in mezzo a quella natura selvaggia, sperando di poter iniziare a sondare fisicamente la regione entro l’inverno.

L’Arctic Slope Regional Corporation e la Kaktovik Iñupiat Corporation, due società dell’Alaska, e una compagnia petrolifera hanno già chiesto il permesso di iniziare il rilevamento sismico sulla pianura costiera del rifugio. Tuttavia, nonostante le promesse che il processo sarebbe il più rispettoso possibile dell’ambiente, a quanto indicano i documenti ottenuti dal «Washington Post», il Fish and Wildlife Service, che si occupa dell’amministrazione del parco, ha respinto i loro piani iniziali, definendoli «non adeguati», poiché mancanti «di dettagli applicabili per una corretta revisione da parte delle agenzie».

L’area che le compagnie sperano di poter esplorare e utilizzare per il petrolio è anche il luogo di riproduzione di un branco di caribù di Grant, una specie di renne molto importante per la comunità locale dei Gwich’in sia per le loro tradizioni che perché fonte di alimento. Né questa comunità né le altre comunità indigene dell’Alaska sono d’accordo con questo piano e, inoltre, lamentano anche una corsa troppo veloce verso le trivellazioni che rischia di andare più in fretta della conferma della reale fattibilità del tutto.

Probabilmente queste comunità si riuniranno per impedire che le perforazioni si verifichino e combatteranno in tutte le sedi per il mantenimento dello status quo nella loro terra.

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