I pesticidi possono compromettere il nostro Dna?

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Spesso frutta e verdura sono piene di pesticidi, che indirettamente ingeriamo. Queste sostanze possono compromettere il nostro Dna?

 

Da tempo l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (European Foof Safety Autorithy: EFSA) si preoccupa di tutelare la salute umana regolamentando l’uso dei “prodotti fitosanitari” , detti anche antiparassitari, fitofarmaci o dall’inglese pesticidi.

Gli effetti esercitati sull’uomo da parte di queste molecole sono molto complessi e difficili da valutare. La valutazione infatti, viene solitamente registrata per ogni singolo principio attivo, anche a dosi infinitesimali, ma il nostro organismo nella realtà è esposto a veri e propri cocktail di molecole.

Quasi tutte queste sostanze rientrano fra gli “Endocrine Disruptors”, (EDC) ovvero “interferenti” o “disturbatori endocrini” , i quali alterano la funzionalità del sistema endocrino, causando effetti nocivi sulla salute di un organismo.

I principali gruppi di pesticidi con azione di “Endocrine Disruptors” sono insetticidi clorurati, fungicidi, trazoli, imidazoli,  triazine, etilene bisditiocarbammatil, coformulanti. Queste sostanze, non solo hanno effetti negativi sull’individuo esposto – numerosissimi sono i tipi di cancro messi in relazione col loro uso per esposizioni professionali – ma possono agire sulle stesse cellule germinali, determinando alterazioni che si trasmettono alle generazioni successive attraverso modificazioni di tipo genetico  .

Alcuni pesticidi infatti, sono in grado di formare con il DNA degli addotti pesticida-genoma, legami dativi con un’ energia talmente alta, da poterli considerare irreversibili. Il legame dativo tra pesticida e DNA, se avviene in certi punti critici, può provocare oltre che mutazioni sulla sequenza nucleotidica del DNA, anche alterazioni qualitative e quantitative del processo di trascrizione.

Tutto ciò apre scenari preoccupanti giacchè ci troviamo difronte alla possibilità di una amplificazione del danno e alla sua trasmissibilità attraverso le generazioni. Gli effetti di queste molecole, specie sulle fasce più sensibili della popolazione: neonati, bambini, donne, spesso si  manifestano tardivamente, alcune volte anche dopo decenni.

Essi variano non solo in base alla durata, al tipo di sostanza e alla loro quantità, ma anche a seconda del momento in cui avviene l’esposizione. Gravidanza, allattamento, vita fetale, infanzia e pubertà sono momenti cruciali, “finestre espositive”, in cui il contatto con tali agenti può comportare effetti particolarmente gravi. É stato recentemente dimostrato che l’esposizione a DDT (un agente in uso come insetticida negli anni ’50 bandito da anni) è correlato ad un aumentato rischio di cancro mammariose l’esposizione è avvenuta in età prepuberale.

In sintesi, i principali danni per la salute umana per esposizione a tali sostanze sono stati identificati in: diminuzione della fertilità maschile, abortività spontanea, endometriosi, gravidanza extrauterina, parto pre termine, deficit cognitivi e disturbi comportamentali, patologie neurodegenerative, disfunzioni ormonali (specie alla tiroide).

Se siamo ciò che mangiamo, come affermava Ippocrate già nel 460 a.C., risulta difficile comprendere come le sostanze ascrivibili alla categoria dei “pesticidi”, continuino a essere utilizzate in agricoltura in modo massivo.

 

Vero è che senza il ricorso a diserbanti e fitosanitari le colture correrebbero il rischio di essere distrutte da malattie e infestazioni, ma altrettanto vero è, che gli altri metodi di lotta – quali la biologica, la biodinamica e l’integrata – comunque sono inspiegabilmente utilizzati solo in modo marginale.

Daniela Cuozzo

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